Dipendenza affettiva: briciole d’amore.
La dipendenza affettiva è una forma patologica di amore caratterizzata da una progressiva e graduale negazione dei propri bisogni e da una rinuncia del proprio spazio vitale, per cederlo via via sempre più all’altro, considerato unica e sola fonte di gratificazione. Nel 99% (sigh!) dei casi ad essere dipendente è la donna.
La particolarità di tale forma di amore ossessivo, simbiotico, fusionale è che - sebbene venga vissuto alla stessa stregua di una droga - difficilmente viene riconosciuto come patologica da chi la vive.
La continua ricerca d’amore ha tutte le caratteristiche della dipendenza da sostanze, tanto da condividerne alcuni aspetti fondamentali:
l’ebbrezza: la sensazione di piacere, che il dipendente prova quando è con il partner; sta bene solo quando è insieme a lui;
la tolleranza: vi è un bisogno sempre maggiore di condivisione di spazi, per incrementare il proprio benessere;
l’astinenza: l’assenza fisica (più prolungata) del partner getta il dipendente in uno stato di allarme, poiché l’altro rappresenta il proprio mondo e non si può assolutamente tollerare la sua assenza.
Si tratta di donne spesso:
fragili;
bisognose di conferme;
con una scarsa autostima;
terrorizzate dal fantasma dell’abbandono;
tendenti alla iper-responsabilizzazione;
con famiglie di origine problematiche (abusi sessuali, maltrattamenti fisici o psicologici, storia di alcolismo, bulimia o altre dipendenze nei genitori), cresciute con un profondo vissuto di inadeguatezza.
Alla base della dipendenza affettiva spesso c’è un vissuto di senso di indegnità - al di là delle storie di abusi o maltrattamenti, ove la percezione di non essere meritevoli d’amore è molto forte - vi sono poi storie anche meno eclatanti ove, più semplicemente, non si è sentito di possedere abbastanza qualità da riuscire a catturare l’attenzione amorevole dei genitori. Spesso si tratta di bambini che hanno cercato di accattivare l’attenzione dei genitori su di sé per essere riconosciuti affettivamente, ma con scarsi risultati.
L’effetto più visibile è la scarsa autostima, per cui si interiorizza l’idea che l’altro è indubbiamente migliore di me, è più capace, è più adeguato.
Tali esperienze relazionali finiscono per convincere (inconsciamente) la persona di non meritare amore, cominciano così ad accontentarsi delle “briciole”. L’altro, diventa colui che sta volgendo uno sguardo, seppur distratto, alla propria persona e, pertanto, diventa meritevole dell’attenzione totale.
Le donne dipendenti, per evitare di essere abbandonate, diventano confidenti, mamme, amiche, infermiere; mettono da parte ogni bisogno per occuparsi dell’altro e, nelle situazioni conflittuali, soffocano la rabbia, la rimuovono o la dirigono contro sé stessa, manifestandola spesso in forma di sensi di colpa.
L’uomo dipendente, condivide gli stessi presupposti relazionali, ma spesso attiva la sua dipendenza - oltre che attraverso la restrizione dei propri spazi di autonomia - con lo sviluppo di una gelosia patologica, che si traduce nel tentativo di controllo totale dell’altro nei suoi movimenti, nelle sue azioni e, perfino, nei suoi pensieri.
La dipendenza affettiva, diversamente da quanto si possa pensare, non riguarda solo chi ha un atteggiamento dipendente, ma è una dinamica a due. Il partner che “sceglie” di stare con una persona dipendente d’affetto, ha spesso anche lui dei vuoti affettivi, per cui ha bisogno di essere accudito, di sentirsi al centro dell’attenzione, unico e irrinunciabile per l’altro.
I partner dei dipendenti sono quindi generalmente poco gratificanti, spesso con qualche tratto (se non un disturbo) narcisistico: ben si associa il loro bisogno di centralità, apprezzamento e gratificazione incondizionata, con la modalità di relazione offerta da un dipendente. Il narcisista cerca riconoscimento costante dall’altro, usa affermare sé stesso, ostentando – di contro - un disprezzo, verbale o non verbale, verso chi da lui dipende. Non è infrequente che tale condizione degeneri in relazioni che rappresentano un serio pericolo per l’incolumità psichica e fisica del soggetto. Storie di sottomissioni, infedeltà ricorrenti, umiliazioni. Storie di donne che sentono di non esistere senza l’altro, quindi finiscono per tollerare ogni cosa.
In altre situazioni, la dipendenza è reciproca, si tratta delle coppie simbiotiche: entrambi i partner più che amarsi, dipendono l’uno dall’atro, al punto da costituire un unico corpo psichico. Sono coppie che hanno una grande difficoltà a litigare, non perché non ci siano i motivi per farlo, ma perché sentono angoscioso il pensiero della perdita dell’altro, in luogo di possibili conflittualità aperte. Non sussiste uno scambio, ciascuno mostra compiacenza verso l’altro, negando bisogni, pensieri e spazi di vita.
Sono coppie in cui ciascuno, gradualmente, abbandona i propri spazi di autonomia, quindi gli interessi personali, in nome di un illusorio valore di condivisione e unità con l’altro.
Sul piano sessuale, in genere, hanno una difficoltà nel lasciarsi andare, oltre che una povertà espressiva e creativa, ciò perché sono persone orientate a soddisfare i bisogni altrui - non riconoscendo i propri bisogni/desideri sessuali, finiscono per appiattirsi sulle esigenze del partner - vivendo la sessualità come dovere coniugale. Ciò può tradursi in un disturbo sessuale: disturbo del desiderio sessuale, disturbo da dolore sessuale (dispareunia) o vaginismo nelle donne; nell’uomo, oltre il calo del desiderio sessuale, potrebbe verificarsi impotenza.
Superare la dipendenza affettiva, comporta fare un duro lavoro terapeutico individuale: è necessario cominciare a contattare il proprio sé, a conoscere le proprie emozioni - in buona sostanza - a sentirsi persona. Tutto ciò con l’obiettivo di attivare un funzionamento relazionale più adeguato.
La persona dipendente spesso è talmente sganciata da sé stessa che non ha nemmeno idea di cosa pensi, di cosa senta e di cosa desideri. Tale sua difficoltà la mostra tanto nelle scelte importanti, quanto in quelle ordinarie (che maglione scelgo, che gelato desidero, cosa mi piacerebbe fare stasera). Per tale ragione, diventa prioritario attivare una maggiore consapevolezza di sé, dei propri bisogni, delle proprie emozioni.
Fondamentale è trovare spazi in cui possa fare qualcosa da solo, senza colui a cui ci si appoggia. Ciò restituisce, a chi vive una dipendenza affettiva, la percezione di esistere al di là dell’altro e di essere sufficientemente competente nel riuscire a fare le cose da solo.
Riattivare eventuali vecchi interessi. Ciò può rappresentare un canale di riattivazione di energia fondamentale per la persona.
Attenzione ai sensi di colpa: iniziare a non appoggiarsi più ed a non restituire all’altro l’idea di essere unico, può sollecitare sensi di colpa e vissuti di tradimento. È fondamentale entrare nell’ottica dell’importanza che può avere per sé e, per una possibile evoluzione anche della relazione, il riprendere i propri spazi vitali.
La particolarità di tale forma di amore ossessivo, simbiotico, fusionale è che - sebbene venga vissuto alla stessa stregua di una droga - difficilmente viene riconosciuto come patologica da chi la vive.
La continua ricerca d’amore ha tutte le caratteristiche della dipendenza da sostanze, tanto da condividerne alcuni aspetti fondamentali:
Si tratta di donne spesso:
Alla base della dipendenza affettiva spesso c’è un vissuto di senso di indegnità - al di là delle storie di abusi o maltrattamenti, ove la percezione di non essere meritevoli d’amore è molto forte - vi sono poi storie anche meno eclatanti ove, più semplicemente, non si è sentito di possedere abbastanza qualità da riuscire a catturare l’attenzione amorevole dei genitori. Spesso si tratta di bambini che hanno cercato di accattivare l’attenzione dei genitori su di sé per essere riconosciuti affettivamente, ma con scarsi risultati.
L’effetto più visibile è la scarsa autostima, per cui si interiorizza l’idea che l’altro è indubbiamente migliore di me, è più capace, è più adeguato.
Tali esperienze relazionali finiscono per convincere (inconsciamente) la persona di non meritare amore, cominciano così ad accontentarsi delle “briciole”. L’altro, diventa colui che sta volgendo uno sguardo, seppur distratto, alla propria persona e, pertanto, diventa meritevole dell’attenzione totale.
Le donne dipendenti, per evitare di essere abbandonate, diventano confidenti, mamme, amiche, infermiere; mettono da parte ogni bisogno per occuparsi dell’altro e, nelle situazioni conflittuali, soffocano la rabbia, la rimuovono o la dirigono contro sé stessa, manifestandola spesso in forma di sensi di colpa.
L’uomo dipendente, condivide gli stessi presupposti relazionali, ma spesso attiva la sua dipendenza - oltre che attraverso la restrizione dei propri spazi di autonomia - con lo sviluppo di una gelosia patologica, che si traduce nel tentativo di controllo totale dell’altro nei suoi movimenti, nelle sue azioni e, perfino, nei suoi pensieri.
La dipendenza affettiva, diversamente da quanto si possa pensare, non riguarda solo chi ha un atteggiamento dipendente, ma è una dinamica a due. Il partner che “sceglie” di stare con una persona dipendente d’affetto, ha spesso anche lui dei vuoti affettivi, per cui ha bisogno di essere accudito, di sentirsi al centro dell’attenzione, unico e irrinunciabile per l’altro.
I partner dei dipendenti sono quindi generalmente poco gratificanti, spesso con qualche tratto (se non un disturbo) narcisistico: ben si associa il loro bisogno di centralità, apprezzamento e gratificazione incondizionata, con la modalità di relazione offerta da un dipendente. Il narcisista cerca riconoscimento costante dall’altro, usa affermare sé stesso, ostentando – di contro - un disprezzo, verbale o non verbale, verso chi da lui dipende. Non è infrequente che tale condizione degeneri in relazioni che rappresentano un serio pericolo per l’incolumità psichica e fisica del soggetto. Storie di sottomissioni, infedeltà ricorrenti, umiliazioni. Storie di donne che sentono di non esistere senza l’altro, quindi finiscono per tollerare ogni cosa.

Sono coppie in cui ciascuno, gradualmente, abbandona i propri spazi di autonomia, quindi gli interessi personali, in nome di un illusorio valore di condivisione e unità con l’altro.
Sul piano sessuale, in genere, hanno una difficoltà nel lasciarsi andare, oltre che una povertà espressiva e creativa, ciò perché sono persone orientate a soddisfare i bisogni altrui - non riconoscendo i propri bisogni/desideri sessuali, finiscono per appiattirsi sulle esigenze del partner - vivendo la sessualità come dovere coniugale. Ciò può tradursi in un disturbo sessuale: disturbo del desiderio sessuale, disturbo da dolore sessuale (dispareunia) o vaginismo nelle donne; nell’uomo, oltre il calo del desiderio sessuale, potrebbe verificarsi impotenza.
Come superare la dipendenza affettiva
Superare la dipendenza affettiva, comporta fare un duro lavoro terapeutico individuale: è necessario cominciare a contattare il proprio sé, a conoscere le proprie emozioni - in buona sostanza - a sentirsi persona. Tutto ciò con l’obiettivo di attivare un funzionamento relazionale più adeguato.